Il progetto di videoarte “Urbana” esplora il tema dell’eco-femminismo attraverso la figura di una sirena privata della sua acqua e costretta a sopravvivere in un paesaggio arido, lontano dalla vitalità delle acque e immerso in una sorta di periferia desolata di una città di campagna. La sirena, un tempo simbolo di forza e mistero legato agli elementi naturali, è ora ridotta a un’ombra di sé stessa: la sua bocca è secca, i denti ingialliti, segno della sua sofferenza e della lotta per la sopravvivenza in un ambiente che non ha più nulla da offrire. Diventa così un simbolo di resistenza, di solitudine e di lotta disperata per mantenere la propria essenza in un mondo che sta perdendo la sua vitalità e l’accesso alle risorse naturali.
L’esperienza visiva sarà radicalmente ostacolata a causa dell’interazione diretta e fisica con lo spazio. Una tenda da circo con una piccola apertura centrale costringerà lo spettatore a osservare la scena da una posizione scomoda, come se fosse testimone di un freak show. La scelta di un’apertura ridotta e angusta obbliga lo spettatore a fare uno sforzo fisico per entrare in contatto con l’opera. La scomodità e l’intimità del punto di osservazione creano un’esperienza visiva che è altrettanto inquietante quanto rivelatrice, forzando chi guarda a diventare una sorta di voyeur.
Questa visione limitata attraverso una “fessura” centrale non solo amplifica il senso di esclusione e di sofferenza, ma sottolinea anche l’isolamento e la solitudine della sirena, rappresentando un’ulteriore metafora per il trattamento delle donne e della natura, esposte a un processo di erosione e sfruttamento da parte della società contemporanea.
La scelta di questa “finestra circense” aggiunge un ulteriore strato al concetto di spettacolarizzazione della sofferenza, in cui la resistenza e la bellezza di figure come quella della sirena sono ridotte a oggetto di curiosità e consumo visivo, mentre l’esperienza di guardare “da un buco” sollecita la riflessione sul nostro ruolo in un sistema che perpetua disuguaglianze, sfruttamento ambientale e sociale.
L’esperienza diventa un atto di scomodo voyeurismo che coinvolge direttamente lo spettatore, spingendolo a confrontarsi con la propria posizione nel mondo e con il modo in cui siamo complici, o resistere, nella lotta per i diritti delle donne e la salvaguardia della natura.
FRANCESCA LOLLI https://francescalolli.it/sezioni/